Nail Chiodo

Guerre ludiche

Canto XI

Traduzione dall’originale inglese di Alessandro Gallenzi.

Lasciato di nuovo ai propri vizi e artifizi
(e finalmente consapevole del fatto che l’amore moderno
sorride solo a chi si specializza),
Lud decise di restare sul mercato nel caso qualcuno
in particolare avesse ancora bisogno dei suoi servizi speciali.
A mo’ di promozione, andò in giro a rimorchiare,
passò un anno d’annata abbordando a dritta e a babordo,
sgattaiolando dietro le tende nella grande metropoli
per dare una mano a seriche cosce, e un bacio sulle labbra.
Tuttavia, nonostante tutto il sudare e l’ansimare salutare,
ogni più attenta analisi non lasciava sperare un buon esito.
Come la misoginia è un male sociale,
così la filoginia è una forma di terapia sociale,
una terapia i cui successi e insuccessi
possono essere misurati solo concretamente
alla maniera di quelli delle scienze mediche;
l’origine delle “patologie” che tratta
non risiede mai nelle donne che sono oggetto di empatia
ma sempre nel rapporto tra queste ultime e il mito,
l’unità base funzionale della società umana1;
ed è sempre il mito che sceglie l’uomo, alla fine,
non viceversa. (Qui di nuovo cominciamo a vedere
come si può sentire dolore nel corpo di un’altra persona2

e il mal di testa che può celarsi in un visetto carino.)
Costretto quindi ad andare avanti con una finzione più sottile,
per cercare di stanare una topa abbastanza bramosa d’abboccare,
Lud si ritirò dalla scena, con il mito alle calcagna.
Un paradigma centenario si guadagnò quindi la nostra fedeltà:
mai ci fu concertazione nell’emisfero occidentale
come quando una ragazza intraprese una missione jamesiana.
Jeanne Marie era venuta sulla scia di Daisy Miller
come sul raggio verde di un sole al tramonto
dal beau pays sans merci3 alla madrepatria
della sera; e Lud, che sapeva riconoscere
una signora a colpo d’occhio,
era lì ad accoglierla come si confaceva all’ambasciata.
Jeannie era abbastanza unica nel suo genere
e con i suoi attributi sembrava quasi parodiare
il modello dell’eroina di quella storia classica:
aveva tutto l’equipaggiamento del “mammifero di lusso4
una patina di cultura umanistica, un corpo da aprire
come un bel poster pieghevole, fascino, savoir-faire
e non era nemmeno la figlia di un miliardario!
Le influenze comuni non sembravano aver fatto mai presa
sulla ragazza, che appariva quasi immune
alle forme tradizionali di legame intangibile,
a qualsiasi tentativo di intromissione familiare
o di altre personalità sulla propria.5

Aveva in mente qualcosa di più pericoloso…
avrebbe smascherato quando voleva le millanterie
della realtà e dipinto – in una forma di poiesis narrativa --6
immagini probanti della vita che le veniva mostrata.
Da quando Michelangelo con le sue sole mani
collocò Dio a un dito dall’Uomo7
, una tale hybris
è stata la principale risorsa spirituale
di tutti i veri amanti, filosofi e artisti,
di tutti coloro, cioè, che nella vita di tutti i giorni
esercitano una consapevolezza creativa.
L’altra condizione per tale propensione, chiaramente,
è la applicazione costante e la pazienza leviatana
che ne consegue – altra qualità che Jeanne Marie
possedeva, ma che esigeva anche in non piccola quantità:
la filona infatti aveva un bel caratterino
e Lud dovette essere un po’ filon-bustiere
per riuscire a decollare con lei.
Ben presto, comunque, i due si imbarcarono
in quello che sarebbe diventato un _tour de force _settennale
che abbracciò l’Atlantico e risultò uno schietto
censimento della sensibilità occidentale.
Un giorno, mentre passeggiavano casualmente vicino
alla Bocca della verità8 abbracciati,
il sole proiettò a terra la loro ombra
in modo tale che li fece sembrare un’unica
rozza bestia sorta dallo Spiritus Mundi, con la criniera
e il corpo di un leone, il profilo di un uomo,
che muoveva le sue lente cosce9
e sembrava fermentare
presso gli occhi e la bocca per la Verità e il Giudizio.
Se avessero visto, che so, un anatroccolo
o un cavalluccio10
, sarebbe stato più in accordo
con la mentalità dominante di quei decenni;
ma le miserie dell’Occidente erano per loro
causa di miseria, e precludevano la radura riposante.
La tensione della Verità e del Giudizio provata
sui loro polsi11
alla fine diventò intollerabile:
questioni etiche e di etichetta
invasero stanza da letto, bagno e cucinino,
concezioni antitetiche sulla natura della donna
e sull’esser padre, sull’esser madre
e sulla natura dell’uomo, rubarono la scena al rimuginio
giornaliero, resero ridicolo qualsiasi tentativo
di dialogo o appello alla ragione.
Se fu la bestia, alla fine, a straziarli
o se furono loro a squartare la bestia,
è intrinsecamente impossibile saperlo. Di certo,
Lud si sentì costretto a effettuare un esperimento
mentale di autolobotomia radicale;
mentre Jeanne Marie se ne andò in oriente, per cercare
la sunya12 da cui tutto origina
e il risultato fu che lui diventò un liberale
e lei una maestra di quella flessuosità
cosí particolare nella tecnica a lacca secca.13


  1. cfr. Northrop Frye, La duplice visione (1991).

  2. cfr. Ludwig Wittgenstein, I quaderni azzurri e marrone (1935).

  3. fr. “il bel paese senza pietà”, cfr. John Keats, La Belle Dame Sans Merci e La Vigilia di Sant’Agnese, 291-292.

  4. cfr. Antonio Gramsci, Americanismo e Fordismo (1936).

  5. cfr. Ezra Pound riguardo Henry James.

  6. cfr. Simonide di Ceo: ARTE - La pittura è poesia silenziosa. La poesia il discorso della pittura.

  7. cfr. Michelangelo, La creazione dell’uomo, Cappella Sistina.

  8. cfr. la “Bocca della Verità” a S. Maria in Cosmedin, a Roma.

  9. cfr. W.B. Yeats, Il Secondo Avvento; “Spiritus Mundi”: la “Grande Memoria”.

  10. cfr. Charles Schultz, Peanuts.

  11. cfr. John Locke, Saggio sull’intelletto umano (1690).

  12. sanscrito, “il Vuoto” o “il Nulla”.

  13. una flessuosità che può essere apprezzata in modo particolare nella statua di Subodi (Subhuti in sanscrito), colui che fra i Dieci Grandi Discepoli di Buddha era penetrato piú a fondo nella consapevolezza del ku (giapponese per sunya); Tempio di Kofukugi, Giappone.

Canto XII