Nail Chiodo

Lucus Feroniae II

VI

Traduzione dall’originale inglese.

Essendo ormai un poeta di professione,
cioè uno che vive della propria esistenza,
non posso dirmi del tutto d’accordo
con la beffarda boutade d’Andrej Gromyko
(proferita a un biografo che la credette
una dichiarazione di facciata): «Non ho
alcun interesse per la mia vita personale».
Eppure, quando faccio poesia, sento
di dover scrutare oltre il mio ombelico
per vedermi anche “antropologicamente”.
È affascinante scoprire
che le più intime convinzioni
riguardo a ciò che è giusto e sbagliato,
e la miriade di tratti ideologici della gente,
son dovuti al modo in cui autorità, beni,
geni e priorità affettive sono stati ripartiti
e trasmessi entro le famiglie, i gruppi etnici,
una parte del paese, un lato della via.
Quante menti affamate – per non dir
morte di fame – sarebbero contente
se si spiegasse loro come mai gli altri
possono essere così intrattabili,
se tutti gli uomini sono fratelli?!
Si potrebbe andar oltre, e dire – in mancanza
di tale spiegazione – che molta brava gente
soffrirà di disorientamento, sperpererà
l’energia vitale, cadrà nella trappola
del nemico interno, che porta a esaurimento:
“Il sonno della ragione genera mostri”.

Quelli di noi che sono nati
in famiglie egualitarie, in cui
si accetta totalmente la parità dei diritti ereditari,
tendono a considerare banali le distinzioni
– tra fratelli e sorelle, più giovani e più vecchi –
che i sistemi che favoriscono la primogenitura,
o altri discordanti sforzi
per mantenere indiviso il patrimonio,
eternano in molte regioni del pianeta.
Persino le famiglie in cui sono i testamenti
a stabilire chi infine debba ricevere, e cosa
– quelle a cosiddetta struttura nucleare assoluta –
offendono il nostro senso della giustizia,
il convincimento che una completa attenzione
e il patrimonio comune debbano essere
equamente distribuiti, poco importa
se qualcuno viene imbrogliato, di tanto in tanto.
Infatti, quando i genitori non si prodigano
a garantire che nessuno dei figli
si senta abbandonato a casa sua, cresce in loro,
nel migliore dei casi, indifferenza,
e risentimento nel peggiore:
ovunque i bambini ricevono
di più o di meno di quanto gli spetta
della torta fatta in casa, ci troviamo a osservare
i più ampi effetti sociali di tali sentimenti.

Anche le varie forme che il potere assume
(per lo sgomento dei liberali di tutte le marche)
non sono che altrettante proiezioni
d’un originario modello di comportamento
temuto o riverito fra le mura domestiche.
Basta guardare in fondo al corridoio
per vedere l’antitipo vivente di Dio Padre,
l’autoritario o paternalistico emblema
della medesima variante di famiglia.
Freud l’ha illustrato ne L’avvenire di un’illusione,
ma l’idea generale che i legami di famiglia
– tra genitori e figli, mogli e mariti – siano
alla base d’ogni politico o religioso effondersi,
è un messaggio che viaggia in bottiglia
almeno dai tempi di Confucio e Aristotele:
una teoria impraticabile, proprio in quanto
finora inconfutabile, se non altro perché
l’analisi comparativa dei dati provenienti
dalle diverse aree e regioni del pianeta
era, fino a poco tempo fa, impossibile.
Ora, invece, possiamo spiegare
eventi e fenomeni storici
in modi prima d’ora inimmaginabili1.

Si consideri, ad esempio,
la mentalità comunista: senza farsi complici
degli imperdonabili abusi e crimini
commessi in suo nome, si deve ammettere
che colpevoli sono tanto i loro autori
quanto la struttura esogamica delle loro famiglie,
il tribunale segreto dell’inconscio
dietro le dottrina della Stato.
L’analisi incrociata dei dati
rivela che il comunismo poté affermarsi
non perché quello dello Zar fosse l’anello più debole
della catena di regimi dei paesi capitalisti,
il più improvvisato, ma piuttosto
perché in Russia le questioni familiari
erano divenute così ansiogene e complesse
che la gente colse l’occasione di creare
un sistema più universale, adatto non solo
a sostituire la famiglia, ma a distruggerla.
Quando fece il gioco delle tre carte
alla Stazione Finlandia, Lenin reclamò la paternità
dei nuovi affiliati, della centralizzata
confraternita dei Soviet, che non poteva
mantenere ogni promessa, però
mandò ai clan contadini un bacio d’addio.

Ma la distruzione del sistema parentale locale
non poté estendersi ai valori che lo sostenevano:
la libertà, una volta ottenuta, venne vista
come anarchia, qualcosa d’ansiogeno
invece che di piacevole; il partito unico
sostituì, misura per misura, ogni gerarchia
familiare; per quanto era possibile,
le sue cellule riprodussero fedelmente
le soffocanti, intollerabili condizioni di vita
d’un tempo. L’autorità paternalistica fu ristabilita
ad ogni livello: alla base, il segretario della cellula,
che s’intrometteva nella vita privata
delle giovani coppie; al vertice, i grandi patriarchi
che si susseguivano come il sinistro, infallibile
tic-toc d’un grande orologio storico del nonno –
il dinamico, loquace e violento padre fondatore;
il suo sadico successore; l’istrionico e allegro
battipugno battiscarpa, che ammise gli eccessi
del predecessore; e il senescente per eccellenza,
che portò al suo limite naturale
la metafora della famiglia politica russa.

Il comunismo riuscì a mettere radici
in ogni paese2 in cui sorgevano i medesimi conflitti
tra parenti costretti a vivere sotto lo stesso tetto.
Invece, non poté farlo dove il tabù dell’incesto
è meno drammatico, e i cugini trasversali
o paralleli sono autorizzati, se non incoraggiati,
a sposarsi: caso molto frequente tra gli Arabi
e in tutto il mondo musulmano3, ove il rituale
più d’ogni altro ansiogeno – le nozze
con uno straniero, il cui complesso ruolo
è tutto da vedersi – è considerato tanto imperfetto
da portare a conflitti evitabili. Lì, quasi sempre,
mariti e mogli son anche cugini, suoceri e suocere
anche zii e zie, e i nipoti e le nipoti futuri sposi,
forse, dei loro figli. Lì una sorella che si sposa
non dovrà andare a vivere fra stranieri,
non rischierà abusi o bimbe uccise nella culla,
cosicché un giorno non avran bisogno
d’una dote (come nel suo caso!).
Quando i legami fraterni sono
persino più importanti di quelli con il padre,
la famiglia è ancora onnipotente, ma i padri
rinunciano al comando mentre i fratelli
chiedono lumi alle usanze. In tale contesto,
l’impulso parricida è disattivato,
e l’ateismo diviene inconcepibile.

Il marxismo-leninismo non è riuscito
a convertire neanche popoli e nazioni4

inclini a preferire ideologie politiche
antiegualitarie e antiuniversalistiche,
più conformi alla loro mentalità etnocentrica
e alle particolari caratteristiche
del loro sistema parentale. Anzitutto,
e soprattutto, l’atavica convinzione
che è della massima importanza
rendere sicuro il patrimonio familiare
trasmettendolo a un solo figlio, tenuto
a obbedire al padre e ad attenersi al progetto
di conservare, possibilmente ad infinitum,
la capsula temporale genetica:
una macchinazione quanto mai nevrotica!

Naturalmente, le donne hanno un ruolo centrale
in questo psicodramma: vi entrano come eredi
pro tempore quando i genitori non riescono
a generare un maschio abbastanza sano;
e, cosa più importante, garantiscono
l’autenticità dei legami di sangue
all’interno dell’etnia (mater sempre certa est,
pater numquam
) e trasmettono alla progenie
i meccanismi psicologici
che sono alla base del rispetto per l’autorità:
ne derivano le rigide norme di comportamento
che le strutture verticali padre-figlio
han saputo trasmettere attraverso i millenni.

Impossibile sfuggire all’impulso di sorridere
– o piangere, dipende da come ci si dispera –
vedendo l’elenco dei popoli che sostengono
tale autoritaria ineguaglianza in quest’àmbito;
lo si legge come un elenco d’incubi etnici
di cui si sarà sentito parlare nei notiziari,
se non vi si è assistito direttamente in quei feudi.
Con poche eccezioni, i loro nomi evocano
pretese di superiorità, autonomia o neutralità,
gli elementi di una tassonomia del disprezzo
o dell’indifferenza, che spesso è la stessa cosa.
Eppure, il narcisismo culturale di questi gruppi
sembra intenzionato a divertirci, poiché
di per sé è abbastanza inoffensivo
e – se preso in piccole dosi – pittoresco.


  1. Per un’esposizione completa della nuova teoria, si veda Emmanuel Todd, La troisième planète, structures familiales et systèmes idéologiques, Editions du Seuil, Paris, 1983.

  2. Cina, Vietnam, Cuba, Jugoslavia, Slovacchia, Bulgaria, Ungheria, Finlandia, Albania, Italia centrale, India del Nord.

  3. Arabi e berberi del Nord Africa, in Turchia, Iran, Afghanistan, Pakistan, Azerbaijan, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan. Il marxismo-leninismo si è invece infiltrato facilmente in Albania, Kazakistan e parte della Bosnia, che sono musulmani ma hanno un sistema parentale esogamico. Anche la famiglia anomica malese e indonesiana e il nucleo famigliare sudanese ed etiope hanno visto svilupparsi dei movimenti marxisti in gruppi sociali ufficialmente musulmani.

  4. Germania, Austria, Svezia, Norvegia settentrionale, Belgio, Boemia, Scozia, Irlanda, regioni periferiche della Francia, Spagna settentrionale, Portogallo settentrionale, Canada francofono, Giappone, Corea, ebrei, Rom.