Nail Chiodo

Lucus Feroniae II

IV

Traduzione dall’originale inglese.

La mia poesia non deve andar giù
a certi colleghi, se non vogliono vedermi
neppure per un caffè, non rispondono alle lettere
e non spiegano cosa offenda tanto i loro gusti.
Non me ne importerebbe niente, né sprecherei
prezioso fiato per denunciare la viltà del loro gioco,
se non fossero autorevoli in importanti milieux
e la miseria delle loro visioni non fosse un leone
sulla via della conoscenza. Se perseguirla
per loro non è un fine sufficiente,
quali frutti potrà dare nelle loro riviste, al college?

A molti, la cultura immaginativa
potrà sembrare malsana,
trascendendo necessariamente
i limiti del naturalmente possibile
e del moralmente accettabile;
ma è proprio questa la sua funzione essenziale—
colpire l’onesto borghese, procurare convulsioni
a quelli d’impeccabile riserbo, abbattere le barricate
di compiaciute fantasie, togliere il logoro tappeto
sotto i piedi degli establishment culturali:
tutte cose facili a dirsi più che a farsi,
specialmente in contesti come quello attuale,
in cui niente sembra essere vietato
e ogni cosa va bene finché resta al suo posto.

Non sono certo che sia questo il caso
di quei riservatissimi poeti – le tecniche elusive
che furtivamente han scelto per evitare
di prendere apertamente posizione
non autorizza che congetture, finché
non si sa di più –, ma le offerte, difettose scuse
tendenti a giustificarne la scomparsa
dopo che han potuto esaminare i miei versi
fan pensare che questi abbiano colpito
un punto nevralgico nell’irremovibile corazza
di quella titolata combriccola.

Che importanza può avere per noi
tale divagazione? Essa richiama l’attenzione
su un segreto scandalo che ci lascia
con la maniglia in mano, mentre
ogni nostro soppesato bagaglio culturale
cade a terra come peso morto.
Respinti nella via da porte girevoli
e critici simili a buttafuori, che bloccano
chiunque sia privo di lasciapassare,
non possiamo far altro che accettare l’andazzo,
contentarci d’una banana e poi scivolare
sulla sua buccia. Ma in un mondo
che sempre più somiglia a un circo,
appare sempre meno pazzesco
essere scritturati come clown.

V