Aldo – settantacinque anni – è il più vecchio
dei miei confrères, quello che più si è logorato,
battendosi con la malattia per quasi tutta la vita.
Il suo specifico disturbo – una sindrome
maniaco-depressiva – è particolarmente crudele
perché gioca con l’immaginazione,
alimentando l’illusione che si tratti solo
d’una malattia immaginaria.
Quando a esserne vittima è uno come lui,
così immaginoso, la pena e rovina che arreca
sono assolutamente atroci. Ma c’è sempre
una certa logica nella follia, e un po’ di follia
in amore, e – per quel che ne so –
non c’è amante più amante di lui.
Selvatica euforia e indicibile tristezza
son le due facce della stessa medaglia:
solo soffocando, spegnendo il fuoco
dei suoi lombi, ha impedito alla mente,
sia pure per poco, di vacillare.
“L’uomo è fatto per soffrire”, dice il proverbio,
“e la donna per provarne il dolore”,
aggiunge la storia, a volerla leggere tutta.
Senza dubbio, Aldo ha sedotto
entrambe le sue mogli e tutte le sue amanti,
creando – per quanto poté – una simbiosi
tra la sua e la loro vita, il che naturalmente
implicava metterle al corrente
del privato inferno in cui viveva
più dettagliatamente di quanto fosse opportuno.
Le sue molte donne, non poche delle quali
ho avuto l’onore d’incontrare,
erano praticamente intrappolate
da quando si aprirono a lui la prima volta,
tanta era la forza con cui le teneva.
Nessuna delle donne di Aldo
avrebbe potuto risolverne il problema—
prima o poi, ognuna si sarebbe arresa;
però, tutte insieme l’han tenuto in vita,
erculea impresa che,
col tempo, ha reso possibile
una delle maggiori riuscite letterarie
del secolo appena finito.
Infatti, il mio grande amico
è un vero principe Amleto,
le cui complesse opere celano il tentativo
di vendicare l’infame uccisione del padre.
Lui non poté accontentarsi delle scuse
di una società che continuava a generare
la stessa violenza interna che, per mano
dello Stato, aveva segnato il destino del babbo,
dello zio. Poi c’è stato un cambiamento
di regime, i fratelli massacrati
acclamati come eroi, e il nome di famiglia
avvicinato a quelli dei Padri fondatori della Patria
nella toponomastica di tutto il Paese.
Ma, essendo assetato di giustizia e avido
di quella libertà che vera onestà richiede,
non poteva accettare che tutto fosse cambiato
solo per restare uguale
nell’incubo seriale della Storia.
Ci siamo conosciuti circa trent’anni fa
grazie a Michael, grande maestro
– del quale fui discepolo – nell’arte
di usare il bisturi filosofico con i filistei,
i farisei e gli altri tartufes. Probabilmente
gli estranei ci avranno presi per tre finocchi
quando si andava a gozzovigliare insieme
per il diletto della reciproca compagnia.
Pure, la vera natura dei nostri rapporti
eludeva anche la comprensione
di chi ci era più vicino, perché
il reciproco legame di certi artisti
non è diverso da quello
tra fratelli e sorelle siamesi
sordomuti o ciechi dalla nascita.
Ancor più speciali per essere trigemini,
facevamo uso del nostro Braille privato
per conoscerci l’un l’altro con molto tatto
e congiuntamente imbastire il filo
di una condivisa coscienza e consapevolezza.
Ognuno di noi contribuiva all’impresa
di animare il nostro parlamento
con le sue svariate esperienze,
avvolte nella loro caratteriale confezione
che differiva come le rispettive età.
Con i nostri quaranta trenta venticinque anni,
rappresentavamo quegli stadi della vita umana
che normalmente, secondo
i vecchi pregiudizi femminili, si associano
al declino della potenza sessuale;
invece, noi tre eravamo ancora assai arrapati.
E non sfuggì alle nostre acute osservazioni
che l’aspetto conta – Aldo strinse persino
una relazione con il clone cisalpino
di Romy Schneider –, però mai nessuno
era meno insignificante della Musa,
ed era sempre lei a scegliere: noi
dovevamo solo dar ascolto attentamente
ai nostri desideri, per non finire
in una scuola di sopravvivenza.
Dopo aver sguazzato come trichechi
nella piscina romana, negli anni
in cui si poteva ancora farlo,
prima che diventasse sovraffollata
di pesci del tutto immangiabili,
ora cantiamo laudate nella rara scavata buca,
ma ancora abbastanza buca
da poterci galleggiare. Se solo potessimo dire
che le nostre convinzioni stanno vacillando,
e forse da principio si è sbagliato!
Le nostre zanne aguzze e la nostra pellaccia
scrissero la fine: nessuno, credo,
si sorprese granché il giorno in cui si sciolse
il coraggioso Davidsbund. Ma in cuor nostro
mai abbiamo potuto rinunciare
a esercitarci contro i lillipuziani Golia!